Le parole (e le conseguenze) di papa Francesco - Limes

Le parole (e le conseguenze) di papa Francesco - Limes

Le parole (e le conseguenze) di papa Francesco

... "Nessun cristiano, nessuna parrocchia, nessuna autorità può permettersi di restare indifferente davanti alla via crucis delle nostre famiglie e dei nostri bambini. Non deve esserci spazio per alcun egoismo, né per interessi personali che vanifichino i nostri sforzi, rendendo impossibili l’unità e la cooperazione necessarie per realizzare un’azione immediata e improcrastinabile"
(Jorge Mario Bergoglio, Siate forti nella tenerezza).

Questa frase, altre che seguono... vengono da un libro scritto da papa Francesco. Un libro bellissimo e pieno di spunti per riflettere.
Ma anche per piangere, perché sono uno specchio di quello che è diventata la nostra società, la nostra famiglia, il nostro lavoro.
Ci sarebbe molto da fare per riprenderci un po’ di umanità ma ancora non abbiamo nemmeno iniziato.

Il papa ce lo sta dicendo, con calma ma con fermezza, ed è l’unica voce sincera che esista in questo momento.
.. penso che la forza di questo papa stia proprio nel messaggio che sta cercando di trasmetterci.

Per svegliarci da questo passaggio storico tragico che non stiamo capendo.

Forse lo capiranno le generazioni future, guardandosi alle spalle.
Per noi è già sicuramente troppo tardi.

Durante la riunione di redazione dedicata al volume sul papa, ho detto che secondo me è molto amato e apprezzato per il suo modo semplice di vivere e per il suo modo diretto di esprimersi.
Le parole di papa Francesco sono la vera rivoluzione.
Tutti gli altri sono stati d’accordo ma, da veri strateghi, mi hanno anche ricordato che alle parole devono seguire i fatti.

I veri cambiamenti si vedono sul terreno.
Certo, è vero, la credibilità personale passa attraverso i fatti seguiti dalle parole.
Ma in questo caso è diverso, il nostro papa ha già fatto i fatti!

Quando era a Buenos Aires, lavorava nelle villas miseria.
Per raggiungerle ci andava in metropolitana, tra la gente, senza essere notato, non per scelta politica ma perché è normale andare a lavorare in metropolitana.

Ma il lavoro del vescovo Bergoglio aveva come risvolto il rischio di perdere la vita anche solo a causa di pallottole vaganti.
Svolgere con normalità la scelta di una vita eccezionale: è questo il suo esempio.

Lavorare sodo senza chiedere un riconoscimento ma solo per seguire il proprio progetto di vita.

Certo, oggi è difficile avere un progetto di vita, il lavoro è troppo precario.
Anche essere genitore in questa società è complicatissimo, ci vuole una forza enorme per far capire ai nostri figli che studiare è importante.
Oggi non abbiamo riferimenti certi. Navighiamo a vista, anzi, galleggiamo a vista mi sembra più appropriato.
Non penso che per essere brave persone occorre per forza lavorare nei ghetti.

Per noi gente comune sarebbe già un bel traguardo imparare a convivere civilmente nella nostra città.

Non ha molto senso tenere in ordine il cortile di casa nostra per poi insozzare e infangare appena fuori.
Siamo in un momento in cui ognuno-pensa-per-sè.
Non esiste più un pensiero comune, un progetto sociale e politico in cui credere. Non esiste l’impegno civile.

Ma, così, dove speriamo di arrivare?

Sentiamo ancora il papa:
"L’impazienza e la sfiducia sono in grado di disintegrare il progetto di un popolo. Esse, nella pretesa di ovviare al tempo, portano all’illusione della magia. La crisi è storica.
Non è la «crisi dell’uomo» come essere astratto o universale: è una particolare inflessione del divenire della civiltà occidentale, che trascina con sé l’intero pianeta.
Ciò che cambia non sono soltanto l’economia, le comunicazioni o il rapporto di forza tra i rappresentanti mondiali del potere, ma il modo in cui l’umanità gestisce la sua presenza nel mondo.
Gli squilibri internazionali e sociali tendono ad acuirsi: i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
In tutto il mondo aumenta la disoccupazione, non più come un problema congiunturale, bensì strutturale.
L’attuale economia non contempla la possibilità che tutti abbiano un lavoro dignitoso".

Ma come gestiamo l’umanità nel mondo?
Perché siamo noi a gestirla in questo momento, noi siamo responsabili del nostro essere uomini.
Ecco, secondo me siamo piuttosto ridicoli, talmente ciechi che se ti fermi a un incrocio per far passare una persona, lo scaltro guidatore dietro di te ti supera inferocito a destra per poi insultarti, se ti va bene.

Ma queste persone siamo noi.

Facciamoci venire il ragionevole dubbio che, forse, l’avverbio umanamente non ci appartiene più.

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