Narrative

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.. per scambiare notizie di giustizia sociale ed ecologia, condividere la spiritualità e favorire il lavoro in rete .. dal Segretariato per la Giustizia Sociale e l'Ecologia della C.d.Gesù :

* Narrative * Semplicità - Sostenibilità - Condivisione (Sep-2016)
-Vilaiwan Phokthavi (Kep) - Ministero carcerario gesuita in Thailandia (TAI-

Il signor Vieng è un uomo robusto di 57 anni che viene dal Laos. L'ho conosciuto nel 2009 nel carcere thailandese dove svolgo il mio ministero gesuita. Vieng è un lavoratore indefesso, umile, che ama piantumare, ama il giardinaggio. Per la sua ingenuità, nel maggio 1997 l'hanno arrestato con l'accusa di traffico di stupefacenti. Ha cercato di difendersi spiegando che si era trovato coinvolto in una situazione di cui non era praticamente consapevole: è stato comunque condannato a 40 anni di reclusione.

Durante la detenzione, coltivava ortaggi che regalava ai suoi compagni di pena, e anche a noi che ci lavoravamo. Vieng aspettava con ansia le nostre visite, e in segno di gratitudine ogni volta ci offriva un mazzo di verdure da portare a casa. Apprezzava molto il servizio carcerario che svolgevamo, e ci considerava come dei familiari. Era sempre sorridente, viveva alla giornata, coerente con gli insegnamenti della religione buddhista.

Vieng è stato rimesso in libertà nel maggio 2013, dopo 16 anni di detenzione, per scoprire che durante quel periodo la moglie e la figlia se n'erano andate via di casa. La riconquistata libertà si è immediatamente trasformata in un grande vuoto. Ci chiamava ogni tanto per raccontarci come gli era difficile far fronte a quella solitudine, non avere più nulla, non sapere come passare il tempo.

La prima volta che siamo andati a trovarlo è stato nel marzo 2014, a Vientiane: viveva in una piccola stanza in casa di suo fratello, e non si rassegnava a quello che gli era capitato. Lo viveva come una perdita di dignità, e non sapeva come fare per riprendere in mano la propria vita dopo tutti quegli anni di prigione. Nonostante tutto l'affetto e il sostegno che gli venivano dai fratelli e dalle sorelle, si sentiva come se stesse costantemente mendicando.

Siamo tornati a fargli visita nuovamente a giugno del 2015. Viveva ora in una proprietà di famiglia di cui possedeva una quota parte di terreno dal valore non indifferente, in quanto esteso e posto lungo il fiume Mekong in una posizione stupenda; ma che nel frattempo era stato messo in vendita. Vieng ci aveva costruito una piccola capanna, e coltivava ortaggi: era una sofferenza vedervi piantato un cartello con la scritta "In vendita". Alla domanda perché volesse vendere quella terra, ci ha risposto che non apparteneva a lui soltanto, ma anche ai suoi fratelli e alle sorelle. Se si fosse riusciti a venderla, lui avrebbe ricevuto la sua parte di ricavato con cui acquistare un terreno tutto suo dove impiantare una fattoria e ospitare orgogliosamente parenti e amici. Ha soggiunto anche che gli spezzava il cuore vendere la proprietà di famiglia; era inoltre consapevole che non sarebbe stato facile trovare altrove un terreno di pari valore, anche sotto il profilo scenografico.

Vieng, a quel tempo, sentiva molto "il senso del possesso". Abbiamo trascorso insieme qualche momento di discernimento per aiutarlo a valutare alcuni importanti elementi. Era felice con la sua famiglia, i suoi familiari erano felici che lui lavorasse la loro terra, Vieng era contento di condividere frutta e ortaggi, prodotto del suo lavoro, con parenti e altre persone. Amava la campagna e la veduta sul Mekong, amava la proprietà di famiglia. Abbiamo cercato di fargli comprendere che tutti questi elementi erano buoni motivi per conservarla, che se l'avessero venduta lui ne avrebbe ricavato un sesto del prezzo di vendita e che con quella somma avrebbe avuto di che comprare un terreno tutto suo. Quanto utile ne avrebbe tratto per il suo futuro? Come risultato, Vieng ha tolto il cartello "In vendita", pur precisando che ci avrebbe pensato ancora su.

Nel gennaio 2016 siamo tornati a fargli visita per la terza volta, e personalmente sono stata lieta di vedere che possedeva sempre ancora il terreno sulla riva del Mekong. È stato un piacere essere accolti con gioia dalla sorella col cognato, dalla figlia di Vieng con il figlio - ovvero suo nipote - e da altri due suoi nipoti. Vieng mi ha chiesto di portare con me alla prossima visita tutto il gruppo del ministero carcerario: sognava di costruire una piccola capanna per ospitarci la notte, e mi ha fatto anche vedere dove riteneva fosse il punto migliore, con la veduta più bella.

Pur essendo il terreno lungo il fiume ricco e fertile, richiede comunque tanto tempo di duro lavoro. Noi preghiamo per Vieng e perché non gli venga mai meno il suo umile coraggio e la sua solerzia. Ringraziamo Dio per avergli riportato la figlia e il nipote, e per l'affetto che gli dimostra tutta la famiglia, che gli è di grande incoraggiamento a fondare la sua vita sulla condivisione anziché sul possesso personale.

Anche se Vieng ha davanti a sé sempre ancora un futuro di fatica e povertà, noi abbiamo visto con i nostri occhi quanta gioia gli viene dalla condivisione con familiari e vicini. Di tanto in tanto, quando è vinto dalla stanchezza, ci chiama: e noi da buoni amici lo incoraggiamo a tener duro. Mi ritengo fortunata di essere sua amica, perché a mia volta traggo io stessa coraggio da lui.

Poter dire "questo è mio" non è motivo di orgoglio maggiore che dire "questo è nostro". Quando mi reco a Vientiane, so di avere una casa lungo il fiume Mekong, e di trovare lì un fratello. Condividiamo una casa, il mondo, Dio è nostro Padre, e siamo tutti fratelli e sorelle. Una sensazione stupenda, davvero.

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