Varcare la soglia della Porta Santa - L'umano nella città

Varcare la soglia della Porta Santa - L'umano nella città

VARCARE LA SOGLIA DELLA PORTA SANTA

20 giugno 2016

Cosa significa dover varcare la Porta Santa durante il Giubileo della Misericordia?
Mi è stato insegnato che “di fiducia e di misericordia si vive, di diffidenza si muore”.

Per comprenderlo basterebbe fermarsi e fare memoria di come viviamo a livello affettivo e professionale: la mancanza di fiducia genera paure, violenza verbale, distruttività e concorrenza tra noi.

Quando, invece, si vive di fiducia e di misericordia, le relazioni e i mercati funzionano e crescono.

Il Giubileo della Misericordia – l’Anno santo straordinario indetto da Papa Francesco è iniziato l’8 dicembre – che è anzitutto questo: un tempo per sostare e porsi alcune radicali domande: “chi sono io?”, “verso dove vado e di chi mi fido?”, “quali esperienze di misericordia ho vissuto nella vita?”.

La parola “giubileo” è antica, deriva dall’ebraico Yovel e designa un corno d’ariete – potremmo dire una tromba – con cui nell’ebraismo si annunciava un anno particolare. Nell’Antico Testamento il giubileo ricorreva ogni “sette settimane di anni” (Levitico 25, 8), quando si dichiarava “santo il cinquantesimo anno” e si proclamava per tutti “la liberazione”. Era, l’anno giubilare, il tempo della memoria dei doni di Dio all’uomo. Come la vita, la terra, la fraternità. Per riconoscerli, Israele doveva riposare: non si seminava, non si mieteva né si vendemmiava, si raccoglieva soltanto l’indispensabile per sopravvivere. Attraverso la restituzione delle terre, ciascuno tornava in possesso del suo; inoltre, avveniva la remissione dei debiti, nelle vendite e negli acquisti nessuno faceva torto al prossimo, gli schiavi erano liberati (cf. Lv 25, 10-15).

Tutto questo, per ristabilire l’equilibrio e l’equità nelle relazioni umane e affermare il principio che l’ingiustizia non è invincibile.
Colui che veniva incontro alle difficoltà di un parente, riscattando i beni persi per un debito, era detto go’el : letteralmente, il riscattatore. Nel Nuovo Testamento, il go’el che riscatta l’uomo dal dolore e dalla morte è Gesù. È intorno alla sua misericordia che Papa Francesco ha richiamato la Chiesa, e tutti gli uomini di buona volontà, a rimettere in equilibrio le relazioni umane e sociali (cf. Lev. 50, 8-17).

Con il Giubileo straordinario il Pontefice vuole mostrare al mondo il volto di Dio rivelato nelle Scritture. E questo, per affrontare con coraggio la crisi di fede. Il Giubileo, dunque, è esperienza della misericordia ricevuta da Dio, da ridonare agli altri. È, potremmo dire con le parole di Ermanno Olmi, sperimentare una mano amica che aiuta “a non precipitare nel gorgo dello smarrimento”.

In questo Anno santo della Misericordia tutto rimarrà nel solco della tradizione del Giubileo cristiano, nato formalmente nella Chiesa cattolica per volontà di Papa Bonifacio VIII (pontefice a dire il vero non simpatico né a Dante né a Jacopone da Todi e noto, oltre che per la sua Bolla Unam Sanctam, per lo schiaffo ricevuto da Sciarra Colonna, forse proprio per aver indetto un anno giubilare).

In una sua lettera, Papa Francesco indica le condizioni per vivere l’esperienza del Giubileo: compiere un breve pellegrinaggio verso una Porta Santa, aperta in tutte le cattedrali e nei santuari cattolici del mondo; vivere il sacramento della Confessione e l’Eucaristia. I carcerati potranno ottenere l’indulgenza giubilare anche “varcando la porta delle loro celle” e a tutti i sacerdoti, in questo tempo, è data la facoltà di assolvere le madri che hanno abortito e quanti hanno concorso a effettuare un aborto. Gli ammalati e gli anziani potranno vivere il loro Giubileo attraverso i mezzi di comunicazione.
Non basta, però, ripetere formule passate o princìpi, per quanto giusti. È compiendo atti misericordiosi che si comprende la misericordia di Dio per noi.

Per questo, la Porta Santa, secondo Francesco, è là dove noi compiamo un’opera di misericordia, sia essa corporale — dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, ospitare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti —, sia essa spirituale: istruire gli ignoranti, consigliare i dubbiosi, consolare gli afflitti, correggere i peccatori, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.

Il Giubileo ci provoca a ripensare l’agire di tutti, incluso quello politico e sociale, degli Stati, delle Organizzazioni internazionali, delle Banche, per perseguire una giustizia distributiva delle ricchezze del mondo, cessando l’atteggiamento predatorio nei confronti dei paesi poveri per trovare un modello di sviluppo sostenibile. Non tocca la riforma dell’organizzazione dell’istituzione Chiese, ma dei credenti.

Il Giubileo straordinario non è un fasto di pie cerimonie o un andare a Roma come alla Mecca: la natura e l’origine del Giubileo ci ricordano che è necessario un ripensamento che coinvolga tutti i livelli del pensare e dell’agire.

Al pungiglione della violenza e degli attentati, come quello di Parigi, il Giubileo è il siero di vita della Chiesa al mondo. E Francesco chiede di viverlo in prima persona. Una esperienza spirituale per ritrovare la “luce” del cammino, il “dove” della nostra casa, il “Tu” misericordioso del nostro cuore.

Francesco Occhetta
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