Václav Havel: «Il potere dei senza potere» | La Civiltà Cattolica

Václav Havel: «Il potere dei senza potere» | La Civiltà Cattolica

« La poli­tica non può essere solo l’arte del possibile, ossia della speculazione, del calcolo, dell’intrigo, degli accordi segreti e dei raggiri utilita­ristici, ma piuttosto deve essere l’arte dell’impossibile, cioè l’arte di rendere migliori sé stessi e il mondo ».

Václav Have

Il contesto dell’articolo.

Il muro di Berlino è caduto anche grazie alla dissidenza non violenta di uomini come Václav Havel, drammaturgo e intellettuale liberale, diventato Presidente della Cecoslovacchia, dal 1989 al 1992, e riconfermato fino al 2003.

Perché l’articolo è importante?

L’articolo innanzi tutto propone una breve biografia e un profilo di Havel.

Poi espone l’eredità del suo pensiero, che ci consegna almeno tre insegnamenti, tre espressioni di quel potere dei senza potere, titolo e oggetto del libro di Havel, pubblicato in Italia 40 anni fa:

- il dovere della memoria:
omettere questa responsabi­lità significa creare le condizioni per un oblio politico e sociale da cui nemmeno l’Italia è immune.

- La mitezza,
che ha ispirato la «rivoluzione di Velluto» nel 1989 e rovesciato il comunismo in Cecoslovacchia.
Havel infatti si è rifiutato di odiare anche quando è stato rinchiuso in carcere.

- La ricerca della verità
contro ogni tipo di menzogna, attraverso la qualità della parola. Havel non ha mai soffocato la sua parola, nemmeno nei circa sei anni trascorsi in carcere: anzi, l’ha esaltata come drammaturgo, l’ha con­divisa e resa dialogica come politico.
Per Havel ogni cambiamento sociale e politico inizia dai singoli atti, soprattutto da quelli piccoli che prendono le mosse dal cambiare la (propria) storia. Incluso ciò che serve per «cercare l’anima dell’Europa», un’Europa dei popoli: «Al totalitarismo – dice­va – si resiste soltanto se si sceglie di scacciarlo dalla propria anima».

Havel non si mai è professato credente, ma è stato un uomo in ri­cerca; aveva come amici il card. Dominik Duka e Giovanni Paolo II.

In questa frase c’è molto della sua personalità:

« La poli­tica non può essere solo l’arte del possibile, ossia della speculazione, del calcolo, dell’intrigo, degli accordi segreti e dei raggiri utilita­ristici, ma piuttosto deve essere l’arte dell’impossibile, cioè l’arte di rendere migliori sé stessi e il mondo ».

Quali sono le domande che l’articolo affronta?

Quale preziosa eredità ci ha lasciato Václav Havel?

Quali sono i «poteri dei senza potere»?

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