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La sfida educativa è al centro dello sguardo dell’attuale Pontefice da sempre.
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E si possono individuare sette colonne del suo pensiero educativo così come si è formato durante il suo ministero episcopale a Buenos Aires fino all’elezione al pontificato.
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Educare è integrare. -
- L’arcivescovo Bergoglio inquadra l’educazione sempre all’interno di una visione ampia della società, come un contesto vitale di incontro e di assunzione di impegni comuni per la costruzione della comunità civile. Educare, dunque, significa costruire una nazione e l’educazione non è un fatto esclusivamente individuale, ma popolare.
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Accogliere e celebrare le diversità. -
- Un altro elemento centrale per la costruzione sociale è l’accoglienza delle diversità. Le differenze vanno considerate come «sfide» positive, risorse, non problemi, da valorizzare per il bene di tutti, per la costruzione di una società e di un futuro insieme come popolo.
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Affrontare il cambiamento antropologico. -
- Francesco sa perfettamente che le sfide educative oggi non sono più quelle di una volta ma non si può assumere l’atteggiamento dello struzzo e fare «come se» il mondo fosse diverso. Paolo VI, tanto stimato da Francesco, aveva scritto che evangelizzare significa «portare la Buona Novella in tutti gli strati dell’umanità che si trasformano»; altrimenti, egli proseguiva, l’evangelizzazione rischia di trasformarsi in una decorazione, in una verniciatura superficiale.
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L’inquietudine come motore educativo. -
- Bergoglio afferma che l’unico modo per riguadagnare l’eredità dei padri è la libertà: ciò che ricevo è mio solamente se attraversa la mia libertà. E non c’è libertà se non c’è l’inquietudine.
Per Bergoglio, la maturità dunque non coincide con l’adattamento e educare non consiste nell’ “adattare” i ragazzi.
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Una pedagogia della domanda. -
- In un discorso di Bergoglio alle scuole cattoliche, egli dichiara: «Le nostre scuole non devono affatto aspirare a formare un esercito egemonico di cristiani che conosceranno tutte le risposte, ma devono essere il luogo dove vengono accolte tutte le domande». Anche perché: «La verità di Dio è inesauribile, è un oceano di cui a stento vediamo la sponda».
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Non maltrattare i limiti. -
- Bisogna avere la consapevolezza e l’accoglienza dei limiti. Nel 2003, Bergoglio affermava l’esigenza di «creare a partire da ciò che esiste», e dunque senza idealismi. «Ma questo comporta – scriveva – che si sia capaci di riconoscere le differenze, i saperi preesistenti, le aspettative e finanche i limiti dei nostri ragazzi e delle loro famiglie».
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Vivere una fecondità generativa e familiare. -
- L’educazione non è una tecnica, ma una fecondità generativa: «Dialogare è avere capacità di lasciare eredità». L’educazione è un fatto familiare che implica il rapporto tra le generazioni e il racconto di un’esperienza.
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Vi è un’espressione estremamente sintetica che Bergoglio ha scritto agli educatori e con la quale possiamo rilanciare a questo punto la nostra azione ecclesiale: «Educare è una delle arti più appassionanti dell’esistenza, e richiede incessantemente che si amplino gli orizzonti».

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