La recente polemica riguardo alla festa della Repubblica, dedicata a tutti, anche migranti e Rom, ci offre ancora una volta l’occasione di riflettere sul rapporto tra comunità e identità, che sembra possano essere viste solo in contrapposizione. In realtà, forse bisogna uscire da questa sterile opposizione e cominciare a considerare le comunità come qualcosa di vivo, come un processo in continuo divenire e non come qualcosa di statico, idealizzato, e nel quale l’identità cementa l’ordine stabilito chiuso ed escludente.
Ricordava in un recente intervento Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose: «[l'identità] è parte integrante della convivenza, non si annulla né si elimina all'interno di essa, ma anzi si arricchisce e si rinnova. L'identità è un valore positivo, ma diventa odiosa se fatta strumento di propaganda nazionalista e integralista».
La Giornata Mondiale del Rifugiato di quest’anno, intitolata "Rifugiati: ai confini dell’umanità", ci richiama alla necessità di raccogliere la sfida delle migrazioni e, attraverso la vita dei rifugiati, progettare insieme un futuro condiviso nella diversità, dove le identità culturali e religiose di ciascuno non siano sacrificate, ma contribuiscano in modo creativo a dare vita a società plurali attraverso il dialogo. I muri reali e simbolici costruiti a difesa delle identità rischiano, infatti, di uccidere le radici della comune umanità.
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