TIM, HO DECISO DI SCRIVERTI
18 AGOSTO 2017
Cara TIM,
ti scrivo senza voler fare polemica per dirvi che quando un servizio non ha più un VOLTO e si passa da un operatore a un altro diventa tutto post e dis-umano.
Voi siete in piccolo ciò che sta capitando nei nuovi lavori. Spariscono i volti e aumenta il disorientamento e la paura sociale, soprattutto quando alcuni guadagnano e altri ci perdono economicamente e anche umanamente sentendosi umiliati.
Oggi nella vostra “trappola” ci sono cascato io!
Ho chiamato per conto dei miei genitori che – come molte famiglie italiane – sono vostri “benefattori”, per capire come razionalizzare i costi che in proporzione sono come quelli di un Parlamento.
Ed è iniziato il teatro.
Ero di fretta, avrei dovuto studiare e scrivere, pensavo si trattasse di pochi minuti… invece con quel benedetto n. 187 costringete ad entrare in una spirale che seduce e accende quelle recondite punte di orgoglio che ti fanno dire “ce la devo fare e vado avanti per capire”.
Così, più vi chiamavo, più aumentava la confusione.
I vostri telefonisti sono sempre molto gentili, si presentano con il loro nome “sono Giuliana a cosa posso esserle utile?”.
Sono un esercito di giovani, temo senza grandi stipendi, nessuno di noi conosce i loro volti.
Se, poi, si vuole un ulteriore chiarimento svaniscono nel nulla e la stessa persona che ti ha seguito non esiste più.
E poi alla stessa domanda, oggi 6 operatori mi hanno dato 6 risposte diverse.
Senza entrare nel dettaglio vorrei concludere con una riflessione che pone l’accento su un aspetto di fondo.
La generazione dei nostri genitori non conosce i vostri linguaggi tecnici, va in panico solo ad ascoltare i vostri paroloni inglesi, non si muove in rete come i nativi digitali, al telefono si confondono ad ascoltare i vostri confusi contratti che offrono cifre che nascondono altre voci fisse!
Vi chiedo:
-ma il vostro è servizio al cliente?
-Non starete mica abusando sulla loro “impotenza”?
-A quale domanda etica risponde il vostro agire?
Lasciatemelo ribadire: ciò che destabilizza è non vedere i vostri volti.
Non sappiamo chi siete.
Dietro cosa vi nascondete.
Perché vi dobbiamo rincorrere attendendo 15 o 20 minuti con quella terribile musichetta messa ad hoc per far aspettare e ascoltare le vostre promozioni.
Quando si entrava in un negozio era il volto e lo sguardo del commerciante che garantiva un contratto o la marce.
Noi non vedendo i vostri volti abbiamo sempre il sospetto di essere in competizione e di non vivere con voi una collaborazione che farebbe bene e noi e soprattutto a voi.
Non vi chiediamo di essere simpatici ma empatici, cioè sentire i bisogni dei vostri utenti (brutto termine ma non me ne viene uno migliore).
Siete leader europei di comunicazione ma sembra che possiate crescere ancora molto per umanizzare i vostri servizi.
Lo dico sentendomi un moscerino davanti a un mammut dei tempi moderni.
Voi pesate più di un partito, potete spostare interessi, condizionare comportamenti.
Potete arrivare a pagare una uscita di un vostro managar, il dott. Flavio Cattaneo, 25 milioni di euro quando il Paese ha una disoccupazione giovanile del 40%.
Incredibile, se vi fermate a riflettere sulla fonte del vostro guadagno è data da tante povere persone.
Queste parole di benigna critica non riguardano solo voi, ma tutti gli altri operatori del settore, quelli di Vodafone, di Wind e tre ed altri.
Il problema non si risolve cambiando operatore, spostando l’ordine degli addenti ci è stato insegnato che il risultato non cambia.
Il problema si affronta in un cambio culturale che garantisca tre principi:
- trasparenza,
- chiarezza e
- onestà.
Immaginate che sono così ottimista da pensare che qualcuno di voi si prenda a cuore questo appello e ci dia dei segnali umani che iniziano da poterci vedere negli occhi e da siglare la fine dei contratti come facevano i nostri nonni: con una stretta di mani.
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