Il mondo si vede meglio dalle periferie. Il quarto Incontro mondiale dei movimenti popolari

Il mondo si vede meglio dalle periferie. Il quarto Incontro mondiale dei movimenti popolari

Che parole ha rivolto il Papa ai suoi interlocutori e quali proposte ha formulato?

In un mondo in cui la pandemia ha ampliato disuguaglianze e ingiustizie continua il dialogo tra papa Francesco e i movimenti popolari.

Come si è svolto il quarto incontro mondiale, a distanza di cinque anni dal precedente?

In che modo in questa occasione si sviluppa il suo magistero sociale?

Quello degli Incontri mondiali dei movimenti popolari (IMMP) è un filo apparentemente sottile, ma molto tenace, che accompagna il pontificato di papa Francesco, andando a costituirne una caratteristica tra le più innovative. Non si tratta di appuntamenti occasionali, ma di una scelta strategica, che si radica nel suo magistero e al tempo stesso lo alimenta: i discorsi agli IMMP sono citati sette volte nell’enciclica Fratelli tutti.

1. Chi sono i movimenti popolari
L’espressione “movimenti popolari”, che nelle differenti aree linguistiche e culturali può avere risonanze molto diverse, indica una variegato insieme di forme di auto-organizzazione a cui danno vita i lavoratori dell’economia informale o popolare per risolvere i problemi fondamentali generati dalla precarietà estrema delle loro condizioni. L’informalità ha come conseguenza l’invisibilità statistica di questi lavoratori, che rischiano di rimanere nascosti anche all’opinione pubblica, alla Chiesa, al mondo politico e allo sguardo di chi elabora le politiche economiche e di welfare: ne è la riprova la sostanziale mancanza di copertura dagli effetti della pandemia e del lockdown con cui si sono dovuti confrontare in ogni parte del mondo, a differenza di quanti operano nel settore formale. Non si tratta però di un fenomeno marginale o residuale: a livello mondiale, l’Organizzazione internazionale del lavoro stima che operino nel settore informale il 60% dei lavoratori e l’80% delle imprese1, pur con molte differenza tra Paesi: se l’informalità riguarda il 20% dei lavoratori americani, nella Repubblica Democratica del Congo il dato supera il 90% (Dembinski 2020). In termini descrittivi, si tratta di una moltitudine di venditori e venditrici ambulanti, straccivendoli e rigattieri, artigiani di strada, parcheggiatori e lavavetri, lavoratori a giornata, collaboratrici e collaboratori domestici, badanti, abitanti di baraccopoli o di case occupate, persone che vivono per strada o in alloggi di fortuna, comunità che praticano l’agricoltura di sussistenza, braccianti e lavoratori agricoli stagionali, contadini senza terra, ecc.

Per questi lavoratori l’informalità, con la conseguente mancanza di protezione e tutela dei diritti, non è una scelta, ma l’unica strategia disponibile per sopravvivere a fronte dell’impossibilità di entrare nel settore formale, e dunque rappresenta la conseguenza di una esclusione (Deneulin e Murga 2014). Tale condizione, condivisa con altri che la subiscono, si trasforma nella base di una soggettività politica che si esplica in azioni con cui si reclama, spesso a gran voce, il raggiungimento di due traguardi: per gli esclusi il rispetto della dignità a cui tutti gli esseri umani hanno diritto, sovente nella forma tradizionale di un salario equo e di misure minime di protezione sociale; per tutti, il rovesciamento di un sistema che si fonda sull’esclusione – la cultura dello scarto nel lessico di papa Francesco – per edificare al suo posto una società capace di includere e di prendersi cura di ogni persona e della casa comune.

2. Il quarto Incontro mondiale dei movimenti popolari
Il percorso degli IMMP comincia con quello organizzato a Roma nell’ottobre 2014 (cfr Czerny e Foglizzo 2015), quando per la prima volta nel titolo appaiono le parole chiave “terra, casa, lavoro” (tierra, techo, trabajo in spagnolo, da cui l’espressione “3 T” che papa Francesco richiama con frequenza anche in altri contesti). Ne segue un secondo in Bolivia nel 2015 e un terzo nuovamente a Roma nel 2016. Successivamente il percorso mondiale lascia spazio a una serie di incontri regionali o continentali, in particolare nelle Americhe2, che intersecano anche il percorso di preparazione del Sinodo per l’Amazzonia. Si riattiva in seguito allo scoppio della pandemia, con la Lettera che nel giorno di Pasqua 2020 papa Francesco indirizza ai movimenti popolari per essere loro vicino in un momento in cui devono fare i conti con la pandemia e i lockdown. A sei mesi di distanza, il 24 ottobre 2020, i rappresentanti dei movimenti popolari tornano a incontrarsi a livello mondiale, utilizzando una piattaforma di videoconferenze. In questa occasione presentano il documento L’economia di Francesco, come contributo all’iniziativa “The economy of Francesco”, prevista poche settimane dopo (19-21 novembre 2020). Papa Francesco non partecipa, ma l’intervento di chiusura è affidato al card. Peter K. A. Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (DSSUI).

Arriviamo così al quarto IMMP, che si è svolto nel 2021, ancora in videoconferenza per le restrizioni legate alla pandemia, e in due tappe. La prima, tenutasi il 9 luglio, ha riunito i rappresentanti dei movimenti popolari di tutto il mondo per uno scambio sull’impatto della pandemia e sui dilemmi che oggi l’umanità si trova a fronteggiare. La ricchezza dello scambio è condensata in un documento di sintesi, intitolato Salviamo l’umanità e il pianeta!, che esprime la lettura della realtà globale nella prospettiva dei movimenti popolari e propone un nuovo paradigma di sviluppo umano integrale a partire da alcune richieste per un radicale cambiamento del sistema, sempre nell’ottica delle tre parole chiave “terra, casa, lavoro”: dal potenziamento della sanità pubblica all’abolizione dei brevetti sui vaccini, dal salario universale alla riforma agraria all’edilizia popolare, dalla tutela dei migranti al contrasto ai cambiamenti climatici. Questo documento è stato trasmesso a papa Francesco in vista della seconda tappa, svoltasi, sempre a distanza, il 16 ottobre, in cui è stato anche proiettato per la prima volta il documentario La fuerza del nosotros (La forza del noi), realizzato dell’agenzia di comunicazione LaMachi, specializzata in ambito sociale e religioso, per testimoniare l’impegno dei movimenti popolari per il bene comune durante la pandemia. La seconda tappa si è conclusa con un videomessaggio di papa Francesco che reagisce alle sollecitazioni ricevute. Anche in formato videoconferenza, si conferma la struttura dei precedenti IMMP: i movimenti popolari condividono le proprie esperienze e su questa base elaborano un’analisi dei problemi e alcune proposte di soluzione; presentano poi il loro lavoro al Papa, che ascolta e risponde.

Lo scenario della pandemia e il suo impatto concreto rappresentano il tema su cui si focalizza il quarto IMMP. Da un altro punto di vista, però, la novità più significativa è costituita dallo svolgimento su piattaforma e dal ricorso alla comunicazione digitale. Non si tratta solo di una necessità operativa: i new media entrano come mai era accaduto nella strategia di comunicazione predisposta dagli organizzatori (movimenti popolari e DSSUI), insieme al Dicastero per la comunicazione e a Vatican News, con il supporto comunicativo di LaMachi. Ad esempio, il 16 ottobre 2021, il quarto IMMP è stato l’occasione di un tweet storm: una serie di 10 tweet in 9 lingue ha rilanciato dall’account Twitter del Papa i punti salienti del videomessaggio. Complessivamente hanno superato i 270 milioni di impressioni (visualizzazioni), coinvolgendo quasi 50 milioni di utenti. Ma soprattutto l’intero svolgimento della seconda tappa è stato progettato non solo a beneficio dei circa 150 rappresentanti ammessi alla videochat Zoom, ma soprattutto in vista della trasmissione sui canali youTube di movimenti popolari, DSSUI e Vatican News, in cinque lingue (spagnolo, inglese, portoghese, italiano e francese, in ordine di numero di spettatori). Secondo i dati forniti da LaMachi, oltre 8mila persone hanno seguito l’evento in diretta, a cui se ne sono aggiunte altre 32mila che hanno visto la registrazione nelle settimane successive fino al 4 novembre: numeri giganteschi rispetto ai partecipanti ai tre incontri svoltisi in presenza, grazie soprattutto al coinvolgimento di Vatican News, al cui canale si riferisce oltre il 75% delle visualizzazioni.

3. Le parole di papa Francesco
Per comprendere le parole di papa Francesco al quarto IMMP occorre tenere presenti le circostanze in cui sono state pronunciate e il pubblico a cui sono dirette, ma anche collocarle all’interno del suo magistero. L’analisi del testo non fatica a scoprire richiami e collegamenti, in primis con i discorsi rivolti ai precedenti IMMP. In questa sede, tuttavia, ci preme soprattutto evidenziarne il radicamento nei capisaldi del suo insegnamento. Il videomessaggio costituisce un’attuazione concreta dell’atteggiamento nei confronti dei poveri che il documento programmatico del pontificato, l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, chiede a tutta la Chiesa di assumere. Il riferimento è al n. 198, in particolare alla seconda parte (cfr riquadro nella p. a fianco).

a) Essere amici dei poveri
Fin dalle prime righe traspare con grande forza l’affetto che il Papa nutre nei confronti dei movimenti popolari. È un legame profondo, basato sul rispetto e privo di qualunque condiscendenza: Francesco parla da amico, da pari a pari. Per questo è in grado di offrire ciò di cui ogni persona ha bisogno per prendere consapevolezza e appropriarsi della propria dignità: il riconoscimento. Essere riconosciuti, come cittadini e come lavoratori, è peraltro una richiesta che i movimenti popolari esplicitamente formulano, anche nel documentario La fuerza del nosotros.

«Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro».

Papa Francesco, Evangelii gaudium, n. 198
Le scienze sociali ci dicono quanto sia potente il riconoscimento in termini di potenziale di attivazione delle risorse personali e comunitarie. Il riconoscimento operato da papa Francesco si pone su due diversi assi, entrambi fondamentali. Da una parte riguarda le sofferenze degli esclusi a causa della pandemia e le ingiustizie che sono costretti a subire: l’aumento della povertà e delle disuguaglianze, la mancanza di protezione sociale, la crisi alimentare. Dall’altra, il Papa è attento a riconoscere la dedizione e la creatività dei suoi ascoltatori e li ringrazia «perché avete sentito come vostro il dolore degli altri. Voi sapete mostrare il volto della vera umanità»3. Soprattutto mette in evidenza quanto abbiano saputo prendersi cura del bene comune durante la pandemia: molti lavoratori “essenziali”, che non hanno potuto smettere di lavorare durante il lockdown e anzi hanno affrontato un rischio di contagio più elevato, appartengono proprio al settore informale: «Come i medici, gli infermieri e il personale sanitario nelle trincee sanitarie, voi avete messo il vostro corpo nella trincea dei quartieri emarginati». In sintesi, papa Francesco riconosce una duplice identità degli appartenenti ai movimenti popolari: quella di vittime di un sistema iniquo, e quella di protagonisti del proprio riscatto e della costruzione di alternative.
b) Imparare dai poveri
«Sono convinto che il mondo si veda più chiaramente dalle periferie», afferma Francesco nelle battute conclusive del videomessaggio. Per questo coloro che le abitano hanno qualcosa da insegnare a tutti, a partire dal Papa, che prende sul serio le loro proposte: «Sono misure che si trovano nei vostri documenti, nei vostri interventi, e di cui ho tenuto molto conto, sulle quali ho meditato e ho consultato esperti». Sono parole rivolte non solo agli interlocutori immediati, ma a tutti coloro che le leggeranno, soprattutto in contesti sociali lontani dalle periferie, invitandoli a fare altrettanto.

La responsabilità dei movimenti popolari, già affermata nei precedenti incontri, è di non tacere, perché l’annuncio di ciò che si vede dalle periferie raggiunga l’intera società: «Quanto è importante che la vostra voce sia ascoltata, rappresentata in tutti i luoghi in cui si prendono decisioni! […] Sforzatevi di far sentire la vostra voce».

c) Prestare la voce ai poveri
Con i termini di Evangelii gaudium, prestare la propria voce ai poveri è la definizione di advocacy. Ed è quello che Francesco fa nel paragrafo in cui lui stesso riconosce di essere insistente come un mendicante: con un linguaggio estremamente solenne – «in nome di Dio» continua a ripetere – formula dieci richieste di cambiamento radicale e di rovesciamento di quelle «che la dottrina sociale della Chiesa ha chiamato “strutture di peccato”». Varie di esse, come la liberalizzazione dei brevetti dei vaccini, la remissione del debito dei Paesi poveri o la cessazione dello sfruttamento della terra e dell’inquinamento dell’ambiente, corrispondono alle proposte avanzate dai movimenti popolari nel documento Salviamo l’umanità e il pianeta! Con la sua voce il Papa rilancia le parole dei suoi interlocutori.

4. Due spunti innovativi
Pur nella sostanziale continuità con i discorsi agli IMMP precedenti, il videomessaggio rivolto al quarto contiene alcuni spunti innovativi, che vale la pena richiamare qui sinteticamente.

Il primo è la figura del “samaritano collettivo”, che il Papa, pensando alla parabola evangelica scelta come guida dell’enciclica Fratelli tutti, applica in primo luogo alle proteste per la morte di George Floyd e alle reazioni «contro l’ingiustizia sociale, razziale o maschilista», ma poco dopo estende ai movimenti popolari. Si tratta di uno spunto stimolante sotto due punti di vista. Innanzi tutto ci offre una lettura positiva di fenomeni che sono abitualmente catalogati come “problemi di ordine pubblico”, da gestire o eventualmente reprimere: anche in questo caso siamo sfidati ad andare oltre le apparenze e gli stereotipi, per leggere la realtà nella sua profondità. A un altro livello, la figura del samaritano collettivo è il seme di una nozione che può rappresentare l’equivalente in positivo delle strutture di peccato: una dinamica in cui l’efficacia del gesto di solidarietà del singolo, in sé magari umile e trascurabile, deriva dal partecipare a una costruzione collettiva, che plasma la cultura indirizzando l’evoluzione della società verso il bene (proprio come le strutture di peccato fanno in direzione opposta).

Il secondo spunto riguarda le misure che il Papa propone nel paragrafo conclusivo: non potevano mancare vista la sua attenzione alla concretezza. Entrambe puntano al problema della disoccupazione, confermando così la centralità del lavoro nelle preoccupazioni di papa Francesco (Costa e Foglizzo 2018). Una è la riduzione dell’orario di lavoro, l’altra, che non ha mancato di attirare una certa attenzione anche mediatica, è la proposta di quello che viene chiamato «un reddito minimo o salario universale», peraltro già menzionato nella Lettera di Pasqua 2020. Il lessico utilizzato è quello tecnico del filone del basic income, ma la proposta non può essere intesa come un venir meno all’idea, più volte espressa lungo gli anni, che solo il lavoro unge di dignità le persone. Del resto, appena due giorni prima, rivolgendosi a un uditorio assai affine, aveva affermato: «Alcuni mi hanno fatto dire cose che non sostengo: che propongo una vita senza fatica, o che disprezzo la cultura del lavoro. […] Il lavoro esprime e alimenta la dignità dell’essere umano […]. Per questo motivo, risulta chiaro che i sussidi possono essere solo un aiuto provvisorio. Non si può vivere di sussidi» (Videomessaggio alla Fondazione IDEA). Queste parole ci paiono rappresentare la chiave per interpretare correttamente anche il riferimento al reddito minimo.

5. Sogno e profezia
Francesco è conscio che a un orecchio disincantato le sue parole suoneranno irrealizzabili, ma rivendica con forza la necessità di sognare: «Sogniamo insieme, sognate tra voi, sognate con altri». Ricorre ancora a una categoria, quella del sogno, su cui già aveva imperniato Querida Amazonia e Fratelli tutti. Non si tratta certo della proposta di una evasione onirica che faccia perdere il contatto con la concretezza della vita quotidiana.
Il sogno è qui una visione capace di orientare e di «metterci in movimento». In questo senso risulta molto vicino alla parola profetica, ugualmente considerata irrealizzabile e perciò derisa.

Per molti versi, pare legittimo considerare la profezia come il genere letterario del videomessaggio e dei discorsi ai precedenti IMMP: una parola che il profeta non può non pronunciare, ma che si presenta al mondo come povera e debole, senza altra forza che quella della sua verità. Proprio per questo, però, è una parola che interpella, come il volto dei poveri e degli esclusi che incontriamo nelle strade delle nostre città, intenti a svolgere un lavoro umile e poco considerato, ma di cui tutti abbiamo bisogno, e ogni tanto, legittimamente e comprensibilmente, impegnati a gridare la loro protesta.



Note
1 Cfr ILO, «Informal economy», ilo.org/global/topics/empl…/lang--en/index.htm.

2 Ad esempio quello svoltosi a Modesto (California) nel febbraio 2017, cui papa Francesco indirizza un Messaggio.

3 Salvo diversa indicazione, da qui in poi le citazioni provengono dal Videomessaggio al quarto IMMP.



IMMP: le tappe
IMMP I: 27-29 ottobre 2014, Roma

IMMP II: 7-9 luglio 2015, Santa Cruz de la Sierra (Bolivia)

IMMP III: 2-5 novembre 2016, Roma

Incontro mondiale con il Vaticano: 24 ottobre 2020, in videoconferenza (senza la partecipazione di papa Francesco); registrazione disponibile in
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