CULTURA E POLITICA IN CINA
20 aprile 2019 di Benoît Vermander
Quaderno 4052 - Anno 2019 - Volume II
ABSTRACT – Nel mese di maggio la Cina celebra il centenario del grande raduno di 3000 studenti di Pechino, nato per protestare contro le disposizioni preliminari al Trattato di Versailles che cedevano al Giappone i possedimenti tedeschi della provincia di Shandong. Era il 4 maggio 1919.
Ne seguirono un boicottaggio nazionale dei prodotti giapponesi e uno sciopero generale a Shanghai, allora capitale industriale del Paese. Il movimento estese ben presto le sue rivendicazioni: giovani intellettuali e studenti si indignarono per la sorte riservata alle donne; cantarono le lodi del «Signor Scienza» e del «Signor Democrazia» in opposizione alla visione del mondo confuciana e al ritualismo che le era associato; ottennero che il cinese moderno (baihua) sostituisse il cinese letterario come lingua d’insegnamento.
Il Movimento del 4 maggio associava una fiera volontà di riformare profondamente l’etica, la letteratura e la cultura cinesi a un sussulto nazionalista altrettanto affermato, che, man mano che i problemi interni e internazionali della Cina crescono, si sviluppa in un imperativo ribadito senza sosta: «Salvare la nazione!». La connessione che esso opera fra queste due esigenze è necessariamente fragile.
I rapporti, poi, tra il Movimento del 4 maggio e il cristianesimo sono complessi. Se la Bibbia appare come una risorsa alternativa di fronte all’impasse in cui, secondo i promotori, la cultura cinese si è rinchiusa, l’ispirazione principale del 4 maggio, che attinge appunto a una tradizione anarchica, sottolinea la liberazione dei costumi, l’esaltazione dell’individuo, la contestazione di ogni rapporto di potere, o continua a fare – almeno in alcuni promotori – dei riferimenti a Nietzsche una costante del pensiero. In effetti, molti intellettuali cinesi pensano che cristianesimo e testi biblici siano risorse indispensabili per «salvare la nazione». Questa idea, del resto, si estende oltre i confini del Movimento del 4 maggio.
Ancora oggi l’eredità di quel Movimento rimane oggetto di dibattito. Se infatti gli sconvolgimenti politici e sociali registrati dopo il 1919 resero molto presto obsoleto il suo aspetto propriamente politico, il suo impatto culturale e simbolico si fa sentire ancora oggi. Nel 1939, nel 1979 e, in particolare, nel 1989, il riferimento al Movimento divenne diretto e insistente, anche se ogni volta veniva messo in risalto un aspetto differente del suo ethos e delle sue rivendicazioni.
Allo stesso tempo, e soprattutto durante gli ultimi due decenni, il Movimento ha subìto retrospettivamente violente critiche, in reazione ai giudizi spietati che aveva espresso sulla cultura cinese tradizionale.
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