Il vento freddo della «democrazia diretta» | La Civiltà Cattolica

Nel dibattito pubblico si sta imponendo il modello della democrazia diretta – in cui i cittadini esercitano direttamente il potere legislativo senza intermediazione – come alternativa alla democrazia rappresentativa.

Finora i due modelli di democrazia – e di partecipazione politica – si integravano: da una parte, le elezioni, che generano le istituzioni della democrazia rappresenta­tiva; dall’altra, alcuni stru­menti di democrazia diretta che per la Costituzione si esercita attraverso la petizione, l’iniziativa legislativa popolare, il referen­dum abrogativo, i referendum tipici delle Regioni e degli enti locali e il referendum confermativo costituzionale.

Cosa capiterebbe se si congelassero i poteri di un Parlamento e si portasse la popolazione a decidere direttamente su temi sensi­bili legati alla bioetica, ai vaccini, al fine vita ecc., o in generale su tutti quei temi che richiedono una mediazione politica?

È la storia a insegnarlo: quando si eli­mina la rappresentanza o la mediazione politica, i cittadini vengono strumentalizzati. Nella democrazia diretta la responsabilità è sempre «scaricata» sul «popolo» e sui cittadini senza volto che hanno approvato o respinto un quesito pensato e formulato in altre sedi. Perché dietro al sipario della democrazia diretta c’è anzitutto una regia che, al contrario di quanto si pensa, non è nelle mani dei cittadini, ma di gruppi organizzati, che spesso sono satelliti della politica. Saranno così le minoranze organizzate attraverso la rete a decidere le leggi da approvare, diventando esse stesse le élites che vogliono contrastare.

In questi ultimi mesi il Parlamento sta discutendo la modifica della Costituzione attraverso la proposta del ministro Fraccaro, per intro­durre il «referendum propositivo», considerato dalla dottrina costitu­zionalistica una «iniziativa legislativa popolare indiretta». Se a livello teorico si potrebbe dire nihil sub sole novum, all’atto pratico si stanno creando le condizioni per una contrapposizione fra volontà popolare e Parlamento.

Tre dunque i principali rischi connessi alla democrazia diretta:

favorire i cittadini «produttivi» e penalizzare i deboli e i non connessi alla rete;
ridurre la libertà di scelta a un «sì» e un «no»;
contrapporre la volontà popolare a quella parlamentare.
Se l’impasse in cui versa il Parlamento è il sintomo di una malat­tia del sistema politico, la cura non può essere il vento freddo della democrazia diretta, che lo congelerebbe dall’interno. Per introdurre gli strumenti di democrazia partecipativa, occorre farlo «in favore di» e non «contro» qualcosa o qualcuno.

www.laciviltacattolica.it/articolo/il-vento-f...