La Cina, Matteo Ricci e lo spirito del Rinascimento | La Civiltà Cattolica

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LA CINA, MATTEO RICCI E LO SPIRITO RINASCIMENTALE

Giancarlo Pani
Quaderno 4038
Anno 2018
Volume III

15 settembre 2018

ABSTRACT –

Già nel Seicento Matteo Ricci era considerato in Cina il più grande scienziato vivente e, dopo Confucio, uno dei più eminenti filosofi. La ragione di tale fama, e di un simile successo in un’impresa che ha dell’incredibile e che fino allora era ritenuta impossibile, è dovuta alle sue qualità eccezionali.

Ma per spiegare il successo del personaggio, questo non basta: bisogna aggiungere la sua formazione letteraria, filosofica e teologica, scientifica e musicale ricevuta da giovane al Collegio Romano, dove ha studiato dal 1572 al 1577, avendo come maestri Christoph Clavius, detto «l’Euclide del XVI secolo», Claudio Acquaviva, che sarà il quarto Preposito generale della Compagnia di Gesù, successore di Ignazio di Loyola, e Roberto Bellarmino, uno degli spiriti più geniali del tempo.

Il Collegio Romano fu fondato da sant’Ignazio di Loyola nel 1551 per la formazione del clero sia regolare sia diocesano.
Ben presto divenne una delle migliori scuole di Roma. Nel 1574, negli anni in cui Ricci lo frequentò, aveva circa 1.300 studenti, di cui 130 gesuiti. La base dello studio umanistico erano le opere di Cicerone (tra l’altro, autore del De amicitia), Livio, Ovidio, Plinio, Virgilio, e poi Esopo, Omero, Pindaro, cioè gli autori greci e latini.
Va pure ricordato che furono i trattati di p. Clavius che Galileo ebbe poi in mano e usò per l’insegnamento di matematica e astronomia a Padova.

Il Collegio Romano era perfettamente in linea con lo spirito rinascimentale. La nuova istituzione prendeva in considerazione tutto ciò che eccelleva sotto il profilo culturale, di provenienza sia cristiana, sia pagana, sia persino protestante.

Questo non significa che si adottasse tutto del Rinascimento, ma che si privilegiava quanto era più adatto alla formazione dei giovani. Nel Collegio Romano, dunque, vi era una libertà di insegnamento che non aveva nulla da invidiare alle moderne università: un clima di apertura, di accoglienza e di rispetto dell’altro e degli altri.

Un clima di cui Ricci fece tesoro per affrontare il mondo culturale e spirituale cinese, entrando così nella «città proibita» e annunciando il Vangelo perfino ai «mandarini», l’élite culturale cinese.

Dobbiamo qui ricordare infatti che, nel ministero della Compagnia di Gesù, sia l’impegno scientifico sia quello umanistico non sono fine a se stessi, ma mirano a comprendere la società del tempo; sono strumenti culturali che portano a conoscere l’altro, a entrare in relazione con il prossimo: la percezione della diversità reciproca rappresenta la condizione per avviare ogni tipo di conversazione.

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CHINA, MATTEO RICCI AND THE RENAISSANCE SPIRIT
The Collegio Romano was founded by Saint Ignatius of Loyola in 1551 for the formation of both regular and diocesan clergy. It soon became one of the best schools in Rome. Prominent among its students is Matteo Ricci, who studied there from 1572 to 1577 and found himself living in one of the happiest moments of the institution. He was the first missionary who managed to penetrate the «forbidden city», in Beijing, and even gained the congeniality of chinese Emperor Wan-li. This was due to his exceptional qualities: the culture, an uncommon intelligence, the gifts of diplomacy; but we must not forget his literary, philosophical and theological, scientific and musical training which he had received at the Collegio Romano.

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